Storia dei vangeli [2° parte]


Continuiamo ora la nostra trattazione sulla storia dei Vangeli e, più in generale, sulla storia della formazione del canone neotestamentario che veterotestamentario. Anche per questo secondo “episodio” ho voluto tenere un taglio divertente e non troppo complesso, evitando i tecnicismi presenti nei libri universitari sull’argomento, che consiglio comunque di leggere e qui riporto: 

autore.: Bruce M. Metzger
Casa editrice.: Paideia  
Titolo uno.: Il Testo del Nuovo Testamento: trasmissione, corruzione e restituzione
Titolo due.: Il canone del Nuovo Testamento: origine sviluppo e significato.

Queste due letture, di livello accademico, sono molto valide (tant’è che sono la base su cui ho studiato al corso di esegesi e filologia neo testamentaria) per comprendere in maniera più approfondita quanto diremo nelle prossime righe con tono ironico per non deprimerci (ribadisco questo concetto della depressione, perché quando le ho studiate, mi sono depresso per essere stato nell’ignoranza quasi trent’anni).

Nella prima parte abbiamo introdotto l’argomento documenti a nostra disposizione, per poi passare ad una disamina storica dell’evoluzione del NT. In quest’articolo riprenderò alcuni punti toccati nel predente scritto e ne toccherò dei nuovi, soprattutto enfatizzando un’aspetto importante, quello della traduzione sia del NT che del VT. Questo perché? Perché a dispetto di quanto si vuol far credere, la traduzione fa la teologia.
Anticipo una cosa, in informatica non si crea nulla di nuovo se esiste già, ma si ricicla, quindi anche per questo sequel utilizzerò materiale presente in rete, adattandolo dove necessario. Concludo questa piccola introduzione evidenziando che neanche questo secondo appuntamento esaurirà tutto il discorso, per cui preparatevi alla trilogia ;)

Nel testo attuale che abbiamo a disposizione (la traduzione della CEI del 2008 - io consiglio la Bibbia di Gerusalemme, edizione per lo studio) il contenuto è diverso rispetto solo alla precedente traduzione del 1974, non parliamo se confrontata con la Editio princeps del 1971 o addirittura con le versioni che si basavano sulla Vulgata Latina pre Concilio Vaticano II. Perché diversa la traduzione? Molti si chiedono, è una domanda lecita, ma la Bibbia, i vangeli, una volta tradotta, non basta? Perché c’è sempre bisogno di tradurre? Perché le lingue non sono morte, ma sono vive. Le lingue hanno una continua evoluzione, un continuo cambiamento. Provate a leggere un testo in italiano di uno o due secoli fa: è italiano, ma vedrete che si fa difficoltà a leggerlo perché non è il nostro italiano, è la lingua che nel frattempo si è evoluta. Allora c’è bisogno di continue traduzioni, primo per la continua evoluzione della lingua, che si accresce e si modifica e non si può un determinato episodio leggerlo com’è stato tradotto secoli fa. Poi ci sono le scoperte a livello archeologico, che ci fanno comprendere meglio usi, costumi e modi di vivere e di dire del tempo di Gesù. C’è una continua riscoperta del patrimonio del mondo ebraico, per cui certi brani del vangelo, certe espressioni di Gesù continuamente vengono analizzate facendo emergere scoperte importanti a livello interpretativo. 
Il dramma di tutto ciò è che purtroppo queste novità sono patrimonio degli studiosi e voi sapete che nel campo degli studiosi, se uno non scrive complicato, non viene neanche preso in considerazione. Gli studiosi scrivono complicato per le persone che fanno finta di leggere, per la gerarchia, però alla gente non arriva, la gente rimane appannata e questo veramente è un crimine grave perché quando non si ha l’acqua dalla sorgente - come diceva il profeta Geremia - si va in cerca di cisterne screpolate. 
Un solo esempio per tutti. Pensate l’invito del Maestro, che è ripetuto più volte nei vangeli: “convertitevi e credete al vangelo”. La conversione (comunque tradotto male poiché il termine greco μετανοεῖτε (metanoeite) significa pensa diversamente dopo, cioè consapevolizzati) indica un orientamento diverso della propria esistenza: le persone vivono centrate su se stesse e il Maestro dice che “Chi vive per sé, si distrugge”, perché la persona, sia umanamente che fisicamente, si sviluppa soltanto se vive nel dono dell’amore. Credente o no, una persona cresce quando vive orientato verso gli altri. Il Maestro, che è venuto a far conoscere la pienezza della vita, dice: “Se non orientate diversamente la vostra esistenza, non avete nulla a che fare con la pienezza che vi sto annunciando”. Quindi chiederà un cambiamento e il termine è “conversione” (adesso lo passo così). Nella Vulgata Latina, che in parte è opera di Girolamo ricordate?, e sulla quale per secoli la chiesa ha basato tutta la sua teologia e la sua spiritualità, l’invito di Gesù era scritto “pentitevi (paenitentiam)”. La chiesa si è arroccata su questa traduzione latina quand’anche era ormai chiaro che non poteva reggere, che era una traduzione inesatta, che bisognava ritornare al testo originale greco. Nonostante questo, la chiesa vi è rimasta finché ha potuto, con tutte le conseguenze causate dal termine pentimento!
Quest’esempio dimostra come una traduzione errata porti l’uomo dalla possibilità di vivere la pienezza della vita, ad una religiosità della contrizione, dell’auto annullamento per poter accedere a qualcosa che già gli appartiene, basta solo destarsi dal torpore.
Vorrei fare un’altro esempio di come, ancora oggi, la traduzione non corretta non restituisca il vero messaggio presente nei vangeli. Come esempio prendo Gv 15,2, che qui riporto nella lezione greca edita nel Novum Testamentum Greace Nestle-Aland 28° edizione (ripeto quella che sto usando io per studiare il NT):

“πᾶν κλῆμα ἐν ἐμοὶ μὴ φέρον καρπὸν αἴρει αὐτό, καὶ πᾶν τὸ καρπὸν φέρον καθαίρει αὐτὸ ἵνα καρπὸν πλείονα φέρῃ.”

Di seguito la traduzione della CEI 2008:

“Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo toglie e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto.”
Vediamo cosa Gesù vuole dire: “Ogni tralcio che in me non porta frutto”, cioè una persona che, inserita nella comunità, assume la linfa vitale, ma non lo trasforma in linfa per gli altri, “[il Padre] lo toglie”. Toglie in greco si scrive αἴρει (àirei). Poi Gesù continua, “ogni tralcio che porta frutto”, quindi l’individuo che inserito nella comunità accoglie questa linfa e si fa linfa per gli altri, “ogni tralcio che porta frutto lo purifica”. Il termine adoperato è καθαίρει (catàirei), che significa purifica o monda. Allora abbiamo detto che αἴρει (airei) significa toglie e καθαίρει (catàirei), qui vedete c’è soltanto l’aggiunta καθ (cat) che è un gioco di parole, significa purifica o monda. Perché dico questo? Perché ancora oggi, purtroppo, i traduttori, più per pigrizia mentale e abituati a quello che hanno nelle orecchie, traducono con lo pota, ma in greco il verbo potare è κλαδεὑω e qui l’evangelista non lo adopera. 
Gli evangelisti sono dei grandi esperti della lingua che adoperano e in questo passo non sta parlando di potatura. 
Quindi insieme all’idea di “fare penitenza”, un altro concetto che hanno tentato di far passare nel tempo è che quando capita una disgrazia nella vita, purtroppo capita (ci muore una persona cara, un incidente), è il Signore che ti pota. Perché il Signore ti pota? Per vedere se continui ad amarlo. Ma ciò è qualcosa veramente di aberrante! L’azione non è di potare, ma è di purificare, cioè un’azione positiva. L’evangelista sta dando piena tranquillità e dice: “Tu occupati, ricevendo questa linfa della Vita, di trasmetterla agli altri, e se in te c’è qualche aspetto negativo, non tu da solo, non gli altri tralci e neanche il Maestro, ma il Padre che da la Vita, solo lui, ci penserà ad eliminarlo”. Voi capite che questo è un messaggio che non turba. La potatura nasconde l’idea della religione che ti centra su te stesso, sul desiderio di perfezione spirituale, o meno; la conversione (la consapevolezza) te ne libera: tu non devi più pensare a te stesso, ai tuoi difetti, ai tuoi limiti, alle tue negatività. Tu vivi, con il Padre della Vita, la tua vita per il bene degli altri, se c’è in te qualcosa di negativo Lui te lo elimina. Questo per dire quant’è importante la traduzione.

Trattato questo primo argomento sull’importanza della traduzione (come accennato sopra, tratterò successivamente altre parti per approfondire) vediamo un po’ di storia del VT. Nel precedente articolo ho introdotto la figura di Girolamo, questo statuario traduttore, che ricevette l’incarico di tradurre tutto il Vecchio Testamento e di mettere insieme un Nuovo Testamento ufficiale, si mise all’opera intorno al 380 dC.

Riprendo un paio di concetti del precedente scritto. I vangeli, al tempo del lavoro, erano già stati portati in lingua latina, per cui Girolamo li prese e li assemblò. Diverso è stato il discorso del Vecchio Testamento. Essendo questo in ebraico, Girolamo dovette tradurlo tutto. 

La leggenda narra (perché per me di leggenda si tratta) che per tradurre il libro di Tobia  Girolamo impiegò un solo giorno, e il libro di Giuditta lo tradusse in una sola notte. Naturalmente una traduzione non è esente da errori, specialmente una traduzione dall’ebraico, che è una lingua nella quale non si scrivono le vocali, si scrivono soltanto le consonanti. Per fare un esempio, la parola italiana CRN, a seconda delle vocali che inseriamo, può significare CaRNe, CoRNo e così via; in ebraico si scrivono soltanto le consonanti e non le vocali per cui comprendere la vera parola da utilizzare a volte risulta essere arduo.

Vorrei fare degli esempi per far capire meglio. Avete presente la bella statua di Michelangelo che si trova a Roma? Che caratteristica ha? Ha le corna: perché? C’è una parola in ebraico che si legge "cheren": San Girolamo l’ha letta "choren" e, invece di "raggiante", ha tradotto "cornuto". La traduzione in latino del libro dell’Esodo dice: "Quando Mosè scese dal monte Sinai, le due tavole della Testimonianza si trovavano nelle mani di Mosè mentre egli scendeva dal monte, non sapeva che la sua faccia era diventata cornuta" (et ignorabat quod cornuta esset facies sua), (Es 34,29). Cosa vuole dire questo? È solo un errore di traduzione, ma fino a tutto il ‘500 nelle immagini Mosè veniva rappresentato con le corna: era la parola "raggiante" tradotta male. Per noi, che fosse disceso dal Sinai cornuto non è che avesse importato molto; forse qualcuno avrà mormorato della moglie stanca di questo profeta che, ogni tanto, andava per mesi su per i monti… Però ci sono altri errori di traduzione che hanno portato delle deviazioni nella spiritualità. Sempre Girolamo si è sbagliato nel libro della Genesi, dove c’è la maledizione del serpente e dove Dio dice: "Io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe", la stirpe del serpente, "e la sua stirpe", la stirpe della donna. "Questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno" (Gen 3,15). Invece di tradurre "questa", cioè: "la stirpe della donna ti schiaccerà la testa", lui tradusse con il pronome femminile "essa”, cioè "la donna ti schiaccerà la testa" (ipsa conteret caput tuum). Da qui, la donna che schiaccia la testa al serpente chi può essere? La Madonna! Avete presente l’immagine dell’Immacolata Concezione? La donna che schiaccia la testa al serpente è dovuta ad un errore di traduzione. Non è compito della Madonna, o almeno non solo di lei, ma di tutta la stirpe della discendenza dell‘uomo, schiacciare la testa del serpente. Quindi, vedete come un errore può portare a delle deviazioni nella teologia. Inoltre ci possono essere anche interpretazioni personali. A volte il testo era rovinato e non si capivano delle parole, a volte ha interpretato dei nomi propri con dei nomi comuni, a volte si è lasciato prendere la mano dalla sua ideologia. Per esempio, nel libro di Isaia, parlando della discendenza di Davide, si dice che "la sua dimora sarà gloriosa" (Is 11,10) e Girolamo traduce con: "il suo sepolcro sarà glorioso" (et erit sepulchrum eius glorisum), facendo riferimento al sepolcro di Gesù. Errori così ne ha fatti tanti; ripeto, alcuni non hanno portato delle conseguenze, ma altri si! Anche la nascita dei demoni è dovuta ad una traduzione inesatta, con tutto quello che di brutto e di tragico ha poi portato nella Chiesa, compreso il sacrificio di migliaia di donne, credute streghe per aver avuto, si diceva quella volta, commercio carnale con il demonio; perciò da un errore di traduzione si possono creare dei valori ideologici assenti nella Bibbia e che hanno delle conseguenze funeste.
Tocchiamo ora questo tema: la nascita dei demoni. Quando la Bibbia è stata scritta, la civiltà ebraica era ancora molto arcaica ed in essa c’erano credenze appartenenti al mondo mitologico. Avete tutti presente il mondo mitologico greco, abitato da tanti folletti e spiriti; i fauni, i centauri, le sirene, le arpie, ecc. Quando la Bibbia è stata tradotta dall’ebraico in greco, la società era più evoluta e non credeva più all’esistenza dei fauni, delle sirene e a tutto questo mondo mitologico. I traduttori greci, ogni qual volta trovavano uno di questi esseri, lo traducevano sistematicamente con il termine greco "demonio" (daimònion), che significa "spiritello"; questo a volte può essere positivo, altre volte negativo. Allora Girolamo, tutte le volte che trovava questi esseri, li traduceva in latino con il nome demonio (daemonium), ma ci sono delle differenze. Se avete la Bibbia potete controllare; la Bibbia ebraica dice: "I Sheirin" - sarebbero i nostri satiri, i centauri, quelli che avevano il corpo di cavallo o di asino e la faccia umana - "si chiameranno l’un l’altro; vi faranno sosta anche le Lilit" - queste ultime erano degli spiriti di zitelle, femmine, che approfittavano dell’uomo che dormiva per farsi mettere incinte; erano tipo le arpie - (Is 34,14). Questo passo, nella traduzione dei Settanta (la traduzione dall’ebraico al greco fatta ad Alessandria), viene tradotto tutto con il termine "demonio". Girolamo traduce con "demonio" (daemonia) e "onocentauri" (onocentauri), mentre la CEI fa diventare gli Sheirin dei gatti selvatici che s’incontreranno con le iene. E ancora: "I satiri si chiameranno l’un l’altro, vi faranno sosta anche le civette" (al posto delle Lilit, questi spiriti zitella). Vedete come in latino veniva tradotto con "demonio", e già la CEI, che è più evoluta, traduce con gatti selvatici e civette. E così via.

Un Salmo famoso, il Salmo 91, che in ebraico parla di un certo "Iasihud", una divinità del momento in cui il giorno è più caldo e fa ottenebrare un po’ il cervello, oggi viene tradotto con: "lo sterminio che devasta a mezzogiorno" (Sal 91,6). Ma Girolamo, nella sua Bibbia, ha tradotto: "il demonio meridiano": quindi una traduzione che ha avallato l’esistenza di questo mondo popolato da demoni che possono incidere e fare danno alle persone. Ci possono essere ancora tanti esempi.

Ugualmente, dall’altro parte, la traduzione della Vulgata ha portato a una deviazione sul concetto di "divino". Perché? Girolamo trova, nel libro della Genesi, il nome di un dio, "Shaddai": un nome misterioso. Gli ultimi studi dicono che questo Shaddai era una delle divinità che abitavano le montagne e poi, quando il Dio d’Israele lo ha vinto (in maniera figurata), gli hanno attribuito pure questo nome. Cosa fa Girolamo davanti a questo nome? Si legge nel libro della Genesi: "Io sono «El Shaddai»" (Gen 17,1). Come si traduce in latino? La traduzione di Girolamo ha avuto delle conseguenze nefaste, esso ha tradotto "Shaddai", che è una divinità della montagna, con "onnipotente"! Per cui, questo dio si presenta: "Io sono Dio onnipotente" (Ego Deus omnipotens), mentre in ebraico "Shaddai" è un nome di una divinità! Poi, le altre volte che troverà questo nome di divinità, lo tradurrà con "onnipotente", termine che nei Vangeli non è mai riferito a Dio.
Perché dicevo che questo termine ha avuto conseguenze nefaste? Perché l’idea del "Dio onnipotente" significa che può tutto; allora s’infila il problema del male. Se Dio è onnipotente e può tutto, e non agisce a soccorrere ed eliminare il male, o non è veramente onnipotente, o non è buono! Tutti ci siamo domandati: ma se Dio può fare qualcosa, perché non lo fa? È un Dio crudele? Vedete cosa vuol dire una traduzione? Dio onnipotente, che può tutto… e se non lo fa? Quest’idea falsa di Dio, che non c’è nella Bibbia e non c’è nei Vangeli, è la base sulla quale costruisce la casa dell’ateismo! Perché se Dio è onnipotente e ci lascia in questa miseria e non fa del bene, io ne faccio volentieri a meno, perché è un Dio che non mi serve. Mai si troverà, nei Vangeli, il termine "onnipotente"; è naturale che possiamo pure dire che Dio può tutto, ma Dio può tutto in quello che Dio è: amore. Il passo di Giovanni, riportato sopra, ne è un’esempio. Se non ci sono i canali in cui può riversare quest’amore, Dio della sua onnipotenza non sa che farsene.

Per oggi direi basta così. Come potete vedere l’argomento è complesso e piuttosto lungo, per cui ci saranno altre “puntate” da seguire ed a cui storcere il naso. Poco importa, ciò che mi preme è cominciare a farvi intuire come anche questo grandissimo libro, nel suo intimo, nasconde quella connessione con le altre branchie dell'unica grande Tradizione non duale, ma questo lo affronteremo tra parecchio tempo, prima finiamo di narrarne la storia.  

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