Απόστολος - Apostoli cioè inviati


Ho deciso d’intraprendere questo mini studio sul termine απόστολος (apostoli) in quanto, leggendo le pagine dei vangeli, l’immagine che viene normalmente proposta dalla Chiesa non mi ha mai convito, soprattutto se considero il significato del termine greco in analisi: inviati.
Oggi la Chiesa parla di successione apostolica come una dottrina teologica secondo la quale gli apostoli trasmettono la loro autorità a dei successori, i vescovi, lasciando, di fatto, solo a questi soggetti l’appellativo di “inviati”.
E’ questo quello che i vangeli vogliono dire? Sono solo i vescovi i reali successori dei dodici? Queste sono solo alcune delle domande che mi sono posto mentre leggevo le scritture in maniera critica e paragonandole fra loro. Per fornire una risposta a queste, come abbiamo fatto per le nozze di Cana, partiamo dalle scritture in greco, cioè l’originale, senza filtri derivanti da traduzioni e ideologie teologiche che le stesse portano con se.
Incominciamo con il dire che la parola apostoli [ἀπόστολος (apostolos) n° 652 delle concordanze del nuovo testamento] ricorre nel NT 80 volte, di seguito elenco solo quelle che prenderemo in esame
. 1 volte in Matteo.: Mt 10:2;
. 2 volte in Marco.: Mc 3:14;
. 6 volte in Luca.: Lc 6:13;
Nell’affrontare questi tre versetti ho deciso di riportare per intero la frase (quindi di andare anche oltre il versetto, poi capirete il perché) sia nella lingua greca (estratti dalla Nestle-Aland 28° edizione) che in quell’italiana (utilizzando l’edizione C.E.I 2008):



ΚΑΤΑ ΜΑΘΘΑΙΟΝ 10
2Τῶν δὲ δώδεκα ἀποστόλων τὰ ὀνόματά ἐστιν ταῦτα· πρῶτος Σίμων ὁ λεγόμενος Πέτρος καὶ Ἀνδρέας ὁ ἀδελφὸς αὐτοῦ, καὶ Ἰάκωβος ὁ τοῦ Ζεβεδαίου καὶ Ἰωάννης ὁ ἀδελφὸς αὐτοῦ, 3Φίλιππος καὶ Βαρθολομαῖος, Θωμᾶς καὶ Μαθθαῖος ὁ τελώνης, Ἰάκωβος ὁ τοῦ Ἁλφαίου καὶ Θαδδαῖος, 4Σίμων ὁ Καναναῖος καὶ Ἰούδας ὁ Ἰσκαριώτης ὁ καὶ παραδοὺς αὐτόν.

SECONDO MATTEO 10
2I nomi dei dodici apostoli sono: primo, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello; Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello; 3Filippo e Bartolomeo; Tommaso e Matteo il pubblicano; Giacomo, figlio di Alfeo, e Taddeo; 4Simone il Cananeo e Giuda l'Iscariota, colui che poi lo tradì.



ΚΑΤΑ ΜΑΡΚΟΝ 3
14Καὶ ἐποίησεν δώδεκα [οὓς καὶ ἀποστόλους ὠνόμασεν] ἵνα ὦσιν μετ’ αὐτοῦ καὶ ἵνα ἀποστέλλῃ αὐτοὺς κηρύσσειν 15καὶ ἔχειν ἐξουσίαν ἐκβάλλειν τὰ δαιμόνια·  16[Καὶ ἐποίησεν τοὺς δώδεκα,] καὶ ἐπέθηκεν ὄνομα τῷ Σίμωνι Πέτρον, 17καὶ Ἰάκωβον τὸν τοῦ Ζεβεδαίου καὶ Ἰωάννην τὸν ἀδελφὸν τοῦ Ἰακώβου καὶ ἐπέθηκεν αὐτοῖς ὀνόμα [τα] Βοανηργές, ὅ ἐστιν υἱοὶ βροντῆς· 18καὶ Ἀνδρέαν καὶ Φίλιππον καὶ Βαρθολομαῖον καὶ Μαθθαῖον καὶ Θωμᾶν καὶ Ἰάκωβον τὸν τοῦ Ἁλφαίου καὶ Θαδδαῖον καὶ Σίμωνα τὸν Καναναῖον 19καὶ Ἰούδαν Ἰσκαριώθ, ὃς καὶ παρέδωκεν αὐτόν.

SECONDO MARCO 3
14Ne costituì Dodici - che chiamò apostoli -, perché stessero con lui e per mandarli a predicare 15con il potere di scacciare i demòni. 16Costituì dunque i Dodici: Simone, al quale impose il nome di Pietro, 17poi Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni fratello di Giacomo, ai quali diede il nome di Boanèrghes, cioè «figli del tuono»; 18e Andrea, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso, Giacomo, figlio di Alfeo, Taddeo, Simone il Cananeo 19e Giuda Iscariota, il quale poi lo tradì.



ΚΑΤΑ ΛΟΥΚΑΝ 6
13Καὶ ὅτε ἐγένετο ἡμέρα, προσεφώνησεν τοὺς μαθητὰς αὐτοῦ, καὶ ἐκλεξάμενος ἀπ’ αὐτῶν δώδεκα, οὓς καὶ ἀποστόλους ὠνόμασεν· 14Σίμωνα ὃν καὶ ὠνόμασεν Πέτρον, καὶ Ἀνδρέαν τὸν ἀδελφὸν αὐτοῦ, καὶ Ἰάκωβον καὶ Ἰωάννην καὶ Φίλιππον καὶ Βαρθολομαῖον 15καὶ Μαθθαῖον καὶ Θωμᾶν καὶ Ἰάκωβον Ἁλφαίου καὶ Σίμωνα τὸν καλούμενον ζηλωτὴν 16καὶ Ἰούδαν Ἰακώβου καὶ Ἰούδαν Ἰσκαριώθ, ὃς ἐγένετο προδότης.

SECONDO LUCA 6
13Quando fu giorno, chiamò a sé i suoi discepoli e ne scelse dodici, ai quali diede anche il nome di apostoli: 14Simone, al quale diede anche il nome di Pietro; Andrea, suo fratello; Giacomo, Giovanni, Filippo, Bartolomeo, 15Matteo, Tommaso; Giacomo, figlio di Alfeo; Simone, detto Zelota; 16Giuda, figlio di Giacomo; e Giuda Iscariota, che divenne il traditore.



Perché prendere, di tutte le 80 ricorrenze, solo queste tre? Perché sono quelle in cui gli evangelisti elencano i nomi degli apostoli e, quindi, sono anche i versetti in cui poter capire cosa davvero questi scrittori voglio trasmettere a riguardo di questo termine. Ciò che a noi interessa capire è se queste righe sono intrise dell’intenzione di Gesù di creare un nuovo ordine sacerdotale al posto di quello precedente, oppure vogliono significare altro.
Leggendole attentamente, immediatamente notiamo che nessuno dei tre evangelisti stila il medesimo elenco; questo è molto strano, come mai in tre dei quattro vangeli si trova, a riguardo degli uomini più vicini a Gesù, i quali hanno vissuto con lui per ben tre anni, un elenco differente? (anche in Giovanni, pur non avendo versetti in cui elenca gli apostoli, si potrebbe stilare un’ulteriore “squadra”). Gli evangelisti non erano presenti agli eventi?, avevano perso la memoria, per cui hanno raccattato informazioni a casaccio? Gesù aveva tre liste differenti? (parafrasando un po’ i nostri tempi). Oppure tutti dicono la medesima cosa, esposta in maniera differente?

Per rispondere ci rifacciamo a un po’ di critica testuale dei vangeli. Innanzi tutto diciamo che chi scrive, come anche confermato dal Concilio Vaticano II, non sono le figure con cui la tradizione ha per anni identificato gli evangelisti. Sono autori anonimi, ma sono dei grandi maestri letterari e teologici, conoscitori delle sacre scritture (VT), dei costumi, tradizioni e dei modi di dire e scrivere del tempo di Gesù. Potremmo oggi identificarli con Shakespeare, Goethe, Leopardi, eccetera: i big della scrittura e cultura dell’epoca.
Altro aspetto da tenere in considerazione quando si legge il vangelo è il genere letterario con cui è scritto. Si legge nel Dei verbum, capitolo III versetto 12 (di cui riporto solo uno stralcio):

12. Poiché Dio nella sacra Scrittura ha parlato per mezzo di uomini alla maniera umana, l'interprete della sacra Scrittura, per capir bene ciò che egli ha voluto comunicarci, deve ricercare con attenzione che cosa gli agiografi abbiano veramente voluto dire e a Dio è piaciuto manifestare con le loro parole.
Per ricavare l'intenzione degli agiografi, si deve tener conto fra l'altro anche dei generi letterari. La verità infatti viene diversamente proposta ed espressa in testi in vario modo storici, o profetici, o poetici, o anche in altri generi di espressione. È necessario adunque che l'interprete ricerchi il senso che l'agiografo in determinate circostanze, secondo la condizione del suo tempo e della sua cultura, per mezzo dei generi letterari allora in uso, intendeva esprimere ed ha di fatto espresso. Per comprendere infatti in maniera esatta ciò che l'autore sacro volle asserire nello scrivere, si deve far debita attenzione sia agli abituali e originali modi di sentire, di esprimersi e di raccontare vigenti ai tempi dell'agiografo, sia a quelli che nei vari luoghi erano allora in uso nei rapporti umani.
Queste righe indicano, ovviamente, che la lettura di questo bellissimo libro non può essere scorporata dal genere letterario in cui esso è scritto, cioè quello del vangelo, e non può essere strappato dalla cultura da cui esso è nato. In che cosa si traduce questo? Si traduce che gli eventi descritti nelle pagine del NT non possono essere approcciate come oggi noi faremmo con la cronaca presente sui giornali, o con un libro di storia. Vuol dire che a ogni parola incontrata bisogna chiedersi il significato nel contesto al tempo di Gesù, non cosa vuol dire a noi oggi, ed infine bisogna avere presente l’obiettivo teologico di ogni evangelista. Qui qualcuno dirà cosa? obiettivo teologico? Ma cosa va blaterando questo. Eppure è così! Ogni agiografo scrive a una comunità specifica, deve trasmettere il messaggio della buona novella adattandolo alla comunità stessa. Così abbiamo, per esempio, che in Matteo mai si parlerà di Regno di Dio, ma di Regno dei Cieli; questo non per presentarci l'aldilà, ma per potersi rivolgere a una comunità di giudei che aveva si accolto Gesù, ma era ancora intrisa della legge data da Mosé, la quale imponeva di non usare la parola Dio. Allora per far si che il messaggio fosse comunque letto, lo scrittore accuratamente non usa il vocabolo Dio, ma Cieli e se ci pensiamo bene anche noi, ancora oggi, lo facciamo: l’espressione “grazie al cielo”, per esempio, è un modo per ringraziare Dio senza però nominarlo.
Ricapitolando, quindi nel leggere i quattro testi che raccontano della vita del Maestro bisogna tenere conto: 1) del genere letterario con cui sono scritti, 2) del costume, modi di dire, ideologie, allegorie, eccetera dell’epoca e 3) dell’obiettivo teologico che ogni evangelista si è posto; con queste indicazioni cominciamo l’analisi dei tre testi sopra riportati. 

Si nota subito che tutti e tre i brani hanno sicuramente una cosa in comune, il numero 12, quindi abbiamo la prima indicazione: un numero, il 12. Poi troviamo la parola apostoli posta subito dopo aver specificato il sopracitato numero. Inoltre risultano essere uguali l’apertura e la chiusura degli elenchi, tutti e tre iniziano con Simone detto Pietro e terminano con Giuda Iscariota. Nel mezzo di questi due estremi vengono proposti diversi nomi che a volte coincidono, a volte no.

Incominciamo con il trattare il numero 12. Tutti e tre i passi precisano questo numero, nessuno evita di omettere tale dato, eppure visto che l’intenzione era quella di elencare i nomi che avrebbero composto i dodici, poteva essere plausibile far dedurre l’informazione al lettore; la specificazione suona come superficiale. Invece è voluta, tutti e tre gli evangelisti voglio far capire, a chi legge, che stiamo parlando del popolo d’Israele! Il 12 rappresenta il popolo d’Israele, è il numero che nel VT identifica tutte le tribù di questa nazione, ma in questo caso siamo alla presenza di chi ha scelto di seguire il Maestro, di chi ha lasciato tutto per accogliere il suo messaggio. L’indicazione è che siamo alla presenza solo del popolo che volontariamente segue il Maestro. Pertanto non è un’indicazione numerica, ma un’indicazione teologica. Gli evangelisti voglio, con il solo numero, indicarci che Gesù non si è voluto accerchiare di un gruppo ristretto di persone, ma di chiunque voglia accogliere il suo messaggio, facendolo diventare il “nuovo Israele”, cioè il nuovo popolo di Dio.
Qui, tutti e tre gli scrittori, proseguono la narrazione con l’indicazione del termine “apostoli - απόστολος”; sorge immediatamente una domanda: perché indicare qui, dopo la specificazione di un numero tanto simbolico, il termine che significa inviati? 
Perché era intenzione degli agiografi indicare che a questo nuovo popolo, che ha scelto di seguire il Maestro, viene data la facoltà di essere inviato. Non è quindi intenzione degli scrittori indicare una funzione o una categoria particolare di persone, ma mettere l'accentò sull'attività particolare, perché quando si è inviati si compie un'attività: si va a fare quello che Gesù ha detto! E’ un'attività che è sempre rivolta all'esterno della comunità, non all'interno. Questo è importante per comprendere il concetto di apostoli. Mai Gesù dà un incarico a un discepolo all'interno della comunità di Gesù: chiunque vuol prendere il suo posto è un usurpatore. L'attività è sempre all'esterno: l'unico pastore della comunità dei credenti è Gesù. All'esterno si potrà essere pastori, verso gli altri, ma all'interno l'unico è Gesù. Quindi, il termine apostoli indica un'attività dei discepoli, non una categoria, un titolo. Quando chi accoglie il messaggio decide di portarlo anche ad altri, questo diventa un "inviato". Attenzione, per portatore del messaggio non s’intende colui che deve convincere a crede nella religione, ma s’intende dare piena applicazione al messaggio delle beatitudini, che è ben differente!! (in un prossimo articolo parleremo anche di queste).
Quindi già i primi versetti delineano fortemente il significato di Apostoli: non una categoria prescelta, la quale può definirsi un’istituzione che prevede pure dei successori, ma la totalità di coloro che si fanno portatori del messaggio evangelico al di fuori della comunità, affinché la vitalità del messaggio predicato dal Maestro arrivi a tutti.

Già questo basta per essermi tirato addosso chissà quanti accidenti e “frasi maligne”, immagino che qualcuno mi stia pure dando dell’eretico, ma se così fosse sono anche un po’ contento, vuol dire che ho fatto centro. Gli schemi mentali a cui siamo abituati da decenni, rischiano di farci porre dei filtri davanti a queste bellissime pagine di vera vita. Sarebbe alquanto strano pensare a un Maestro venuto ad abbattere una casta, i sacerdoti e scribi (cioè il magistero dell’epoca), ma poi ne istituisce un’altra ancora più complessa, sarebbe veramente contraddittorio. Se queste parole urtano qualche clericale, credo che sia la stessa identica sensazione che 2000 anni fa hanno provato gli equivalenti in Israele.
Detto questo proseguiamo, anche perché nell’elenco gli evangelisti danno la medesima interpretazione, anzi vanno oltre. Infatti la scelta dei nomi non è casuale, andando ad avvallare quanto fin qui detto.

E qui compare la lista. Simone è sempre il primo. Segue sempre l’appellativo con cui verrà chiamato. In greco “Pètros” significa un mattone, un sasso che si può togliere e lanciare, in ogni caso adatto per la costruzione. Ma, soprattutto, questo termine (dopo, con il cristianesimo è diventato un nome proprio di persona, ma prima era un nome comune di cosa) indicava la durezza del sasso, del mattone, ed è sinonimo di “testardaggine": il “Cocciuto". Direi che il termine cocciuto forse rende meglio, perché deriva da coccio. Quindi, "cocciuto" è l'equivalente di Pietro.
Questo è importante sottolinearlo. Mai Gesù si rivolge a Simone chiamandolo Pietro; non troviamo mai una volta Gesù che gli dica: "Pietro". Gesù, quando si deve rivolgere a questo discepolo lo chiama Simone. Saranno gli evangelisti (ecco altra chiave di lettura) che tutte le volte, e purtroppo spesso, che questo discepolo contraddice, ostacola o respinge il messaggio di Gesù, anziché Simone lo chiamano Pietro, "il Cocciuto". Quindi il cocciuto per eccellenza. Quando tutto va liscio, lo chiamano "Simone", o "Simone il Cocciuto" quando l'atteggiamento di Simone è in parte riconducibile alla cocciutaggine, quindi ecco che diventa un po’ “ok” e un po’ "non ok" (usando un linguaggio moderno).
Quindi la lista inizia con un cocciuto, che pure tradirà il Maestro, e finisce con Giuda Iscariota, colui che poi lo tradì. Posto sempre all'ultimo posto in tutte le liste, sempre specificato che sarà il traditore, il nome Giuda richiama la Giudea, mentre Iscariota deriva da "Ish" che significa uomo, e "kerites che vuol dire villaggio, cioè “uomo del villaggio”. Quindi Giuda è "l'uomo del villaggio". Ecco un’altra chiave di lettura. Il villaggio è sempre il luogo della tradizione. Il luogo dove il sistema della legge ha il sopravvento sul nuovo, sul cambiamento. Per cui ogni qualvolta nel vangelo si trova il riferimento a questa parola, bisogna leggerla in quest’ottica. Giuda è un nome che è tutto un programma: Giuda rappresenta la Giudea, cioè la regione dove Gesù ha incontrato la morte, è stato ammazzato. Se era abbastanza benaccetto in Galilea, in Giudea era stato arrestato, condannato e ammazzato. Quindi Giuda rappresenta la Giudea. In Luca, qui si vede la linea teologica differente, che sappiamo essere l’evangelista che più degli altri ampia, accentua, il senso di amore universale di Gesù e possibilità di vita a tutti, abbiamo nell’elenco due personaggi con il nome Giuda: quello che lo tradì, messo all’ultimo posto e Giuda figlio di Giacomo. Quindi sostituisce Taddeo (questo per far capire che non sono tanto nomi storici quanto teologici) con Giuda di Giacomo. Questo a voler significare che non tutti della Giudea sono traditori di Gesù, non tutta la Giudea ha abbandonato Gesù, ma c'è un piccolo resto, la comunità di Giacomo, che segue Gesù. 

Come abbiamo visto i nomi non sono rappresentativi di una persona, ma di un modo d’essere ed è bello pensare che tutti sono inclusi, e gli agiografi lo sottolineano in ogni parte dei versetti sopra riportati, dalla collocazione del primo personaggio fino all'ultimo. Se ci pensiamo ogni lista inizia con un cocciuto traditore e finisce con il traditore per eccellenza, quindi ciò che gli evangelisti ci voglio dire è che nessuno è escluso dall’essere apostolo, nessuno. 

Proseguiamo l’analisi dei nomi notiamo che questo messaggio di inclusione continua anche attraverso l’elenco degli altri dieci soggetti. Leggendo troviamo il nome Matteo, il pubblicano, cioè l’escluso, quindi rappresenta gli esclusi d’Israele in quanto peccatori. Poi troviamo Simone il Cananeo, questo termine non indica l'origine, come per la donna cananea. In greco (è una curiosità, perché il suono è lo stesso ma è scritto in maniera diversa) Simone è “Kananàios” (e vedremo cosa significa) scritto con la K. Mentre Cananeo, abitante della regione, si scrive con la CH: Chananaios. Vedete come ci sono delle sottigliezze che bisogna affrontare nella lettura dei vangeli. Allora quest’ultimo, cioè quello che inizia con CH, significa abitante di Canaan; quindi come c’è la donna cananea, c'è il cananeo. Questo Simone non è il Cananeo, abitante di Canaan, ma l'altro termine, quello scritto con la K, che indica "fanatico", "pieno di zelo", cioè uno Zelota. Chi sono gli Zeloti? Erano un gruppo di terroristi armati. Abbiamo visto che all'epoca di Gesù tutti attendevano il regno di Dio. I farisei dicevano: "Più noi preghiamo, più pratichiamo, più osserviamo, meglio arriva il regno di Dio!". Gli Zeloti dicevano: "No! Bisogna che ci diamo da fare!". E assaltavano tutte le volte che potevano e tendevano degli agguati, delle imboscate ai Romani. Sono gli Zeloti, cioè armati pieni di zelo per la causa del regno di Dio. Ecco qui Simone lo Zelota di Luca. Stiamo parlando, in questo caso, dello stesso personaggio, solo che Matteo usa il termine “Kananaios”, cioè un appartenente al partito armato che pensa, mediante la rivoluzione, d’inaugurare il regno di Dio. Stessa cosa in Marco con i “figli del tuono”. Ebbene, nel gruppo di Gesù ci sono anche queste persone. 
Ecco la simbologia teologica, l’elenco è diverso, ma la verità che vogliono esporre è la stessa: tutti sono chiamati e scegliere di seguire Gesù e tutti questi sono “APOSTOLI”. Ecco la grande novità di questo libro, nessuno è escluso a priori perché ha un’idea politica, sessuale, culturale o altro differente, ma tutti possono essere degli inviati, l’unica “cosa” richiesta è di accettare il messaggio del Maestro e farsi carico di trasferirlo.

Abbiamo toccato alcuni aspetti dei nomi che compongono la lista dei dodici, ma è sufficiente per intuire che numero e nomi non sono da interpretare in maniera storica, ma teologica, arrivando a comprendere che ciò che le scritture voglio trasmettere non è la creazione di una cerchia ristretta d’inviati con dei privilegi particolari, ma esattamente l’opposto.

Concludo quest’articolo con una mia personalissima riflessione sull’argomento che, in questi giorni, ha fatto scorrere litri d’inchiostro: le dimissioni di Benedetto XVI. Premetto che a livello teologico ho una posizione antitetica a quella finora esposta da BXVI, ma credo che un teologo, come possa essere Joseph, profondo conoscitore di queste letture oltre la semplice narrazione, davanti all’attuale sistema clericale che ricorda più la casta del tempo di Gesù, che non quanto descritto sopra, abbia voluto rileggere, con il suo gesto, il più profondo senso della parola inviato. Il gesto, fatto passare come amore per la Chiesa, per me rappresenta la lettura illuminata di una persona che ha saputo fare suo il profondo significato di apostolo: non è la carica o il potere che lo rende tale, è l’atteggiamento di trasmettitore di vita verso tutti.

Commenti

  1. ..ho appena finito di leggere e, a pelle, mi vengono alla mente questi input: noto che i nomi degli "inviati" sono scritti a coppia, come appunto gli inviati/missionari a due a due (prima 12, poi 72), che si sostenevano a vicenda nell'ufficio affidatogli.. Paolo di Tarso, se non sbaglio, a sostegno della tua tesi, si considera quasi un 13.mo "apostolo", nominato e inviato direttamente da Cristo per una missione "imprevista" dai giudei dell'epoca: i pagani/gentili.. tuttavia ritengo che i vescovi attuali, non siano solo i depositari e custodi della "sana dottrina" conservatrice, ma mantengono in se una forte spinta missionaria, meno evidente nelle ns. timide e "istallate" chiese "occidentali", che lo Spirito Santo non mancherà nei prossimi anni di evidenziare e sviluppare, credo.. il termine "figli del tuono" mi suggerisce persone che, un tempo forse fanatiche e solamente molto critiche, poi, da convertite, diventano propagatori e amplificatori fedeli di un messaggio fulmineo di Amore, dal quale sono stati trafitti (lo "sguardo" del Maestro..), che come un tuono possente, faranno eccheggiare e risuonare per il resto della loro vita, fino alla testimonianza finale del martirio (Giacomo, mi sembra..), oppure fino a diventare essi stessi maestri e iniziatori di comunità locali (Giovanni, l'Apocalisse/rivelazione, le 7 chiese..) Giuda iscariota se non sbaglio viene anche chiamato il figlio della Perdizione, ed io questo appellativo lo collego alla sua morte ed inconsciamente, non sò bene perché, alla per me misteriosa "discesa agli inferi" di Gesù recitata nel credo apostolico, che spero in futuro l'approfondimento teologico, guidato dallo Spirito S., illumini maggiormente di quanto fatto finora, o di quanto ne sappia io al momento (era "necessario" che Gesù morisse nella carne per "discendere" fin laggiù, dopo essere già abbondantemente "disceso" dai cieli dei cieli con l'incarnazione?..) infine ciò da te esposto sul nome Cefa = Pietro = Simone il Kananeo = lo Zelante, un tempo "Cocciuto", mi ispira una riflessione sull'importanza del nome e dell'apparente gioco di parole/traduzione in senso biblico: in poche parole, quasi ironiche e autoironiche, c'è il riassunto, il dramma ed il compendio di tutta una vita, segnata dalla conversione dell'incontro col divino: Adamo (Ish, se non sbaglio) ed Eva (Isha, perchè dall'uomo è stata tolta/generata), Abram/ Abramo e Sara/Sarai.. Giacobbe/Israele,forteconDio Saulo/Paolo.. solo per fare qualche esempio,restando in ambito biblico, di persone "toccate" nella carne, quasi "autografate" più che riscritte, dalla Grazia nel loro percorso terreno..
    saluti, giobbe7000

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