Μακάριοι (Macarioi) beati: inno morale o incitamento alla rivoluzione? (terza parte)



Eccoci al terzo e, si spera, ultimo articolo. Si spera perché gli argomenti da trattare sono ancora molti, poiché finora abbiamo solo toccato gli antefatti al famoso discorso delle beatitudini. Inoltre di questi, abbiamo visto solo quelli di Luca, tralasciando per ora il racconto di Matteo, che è il nostro obiettivo. Molto probabilmente vi starete domandando cosa mi abbia portato a parlare, con ben due articoli, della storia narrata da Luca, quando il punto di arrivo è parlare delle beatitudini Mattiane. La scelta stilista deriva dal fatto che i due evangelisti scrivono la storia del maestro nazareno, per due tipologie diverse di comunità. La più nota evidenza a conferma di ciò riguarda il modo in cui viene denominato il cosiddetto “regno”: per Matteo è sempre specificato con la desinenza “dei cieli”; per Luca è sempre specificato con la desinenza “di dio”. Questa diversa specificazione dello stesso oggetto, deriva dal fatto che Matteo scrive per delle comunità giudaiche, le quali non possono nominare il nome di dio (YHWH), per cui sostituiscono tale termine con il grande, il magnifico, il signore (adonai), colui che sta nei cieli, ecc. Da qui l’utilizzo da parte di Matteo della specifica immagine: “regno dei cieli”. Luca, invece, si rivolge a comunità “pagane”, perciò è più libero di eliminare YHWH, sostituendolo direttamente con il termine dio. Ecco il motivo del perché la prima beatitudine di Luca differisce, nei termini utilizzati, da Matteo:
  • Luca 6:20(b) – edizione CEI 2008 > Beati voi, poveri, perché vostro è il regno di Dio 
  • Matteo 5:3 – edizione CEI 2008 > Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli 
  • Luca 6:20(b) – edizione greca Nestle-Aland 28° editizione > Μακάριοι οἱ πτωχοί, ὅτι ὑμετέρα ἐστὶν ἡ βασιλεία τοῦ θεοῦ. 
  • Matteo 5:3) – edizione greca Nestle-Aland 28° editizione > Μακάριοι οἱ πτωχοὶ τῷ πνεύματι, ὅτι αὐτῶν ἐστιν ἡ βασιλεία τῶν οὐρανῶν. 

Inoltre va specificato che la LXX, la versione greca del vecchio testamento, ha adottato specifiche regole di traduzione:
  • il termine יהוה (YHWH o Yahweh), che sembra essere il nome di dio, è tradotto κύριος (kyrios cioè signore);
  • il termine אֲדֹנָי (adonai), che in ebraico significa signore, è tradotto con δέσποτα (despota), o con κύριος (kyrios), o non tradotto proprio (come in Isaia 61.1 visto negli articoli precedenti), in base al contesto e/o alla presenza del termine יהוה (YHWH o Yahweh);
  • il termine אלהים (elohim), che è un termine senza un significato ebraico specifico, la tradizione lo traduce θεός (théos) dio; 
Ecco alcuni esempi:


Esodo 20:2 versetto in ebraico
אָֽנֹכִ֖י֙         יְהוָ֣ה                 אֱלֹהֶ֑֔יךָ
elohim tuo      Yahweh   Io

Reso in greco nella LXX >> Ἐγώ εἰμι Κύριος (kyrios) ὁ θεός (thoes)
Reso in italiano >> Io sono il signore tuo dio


Genesi 15:8 versetto in ebraico
וַיֹּאמַ֑ר                                 אֲדֹנָ֣י              יֱהוִ֔ה
Yahweh    ’ăḏōnāy (il signore)       E disse

Reso in greco nella LXX >> εἶπεν δέ Δέσποτα (despota) κύριε (kyrie)...
Reso in italiano >> Rispose: «Signore Dio...


Salmo 110:1 versetto in ebraico
לְדָוִ֗ד   מִ֫זְמ֥וֹר   נְאֻ֤ם      יְהוָ֨ה ׀                               לַֽאדֹנִ֗י
la-ḏō-nî, (il signore)  Yahweh   disse   salmo   Di Davide

Reso in greco dalla LXX >> Τῷ Δαυιδ ψαλμός. Εἶπεν ὁ κύριος (kyrios) τῷ κυρίῳ (kyriō)
Reso in italiano >> Di Davide Salmo. Oracolo del Signore al mio Signore


I tre esempi sono funzionali a comprendere come i termini riguardanti YHWH siano resi nella versione greca del vecchio testamento. Tale appunto filologico è anche utile a capire perché in Matteo (ma anche in Marco) a volte si trova regno dei cieli (e non regno di dio) e a volte si trova la parola dio (come nelle beatitudini 6 e 7 di Matteo: Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio e Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio). Essendo i vangeli figli della LXX (per questioni già viste nei due precedenti articoli) e non del testo ebraico, gli agiografi si rifanno alle regole di diversificazione in essa contenute. Così possono far comprendere se il rabbino ebreo si stia riferendo al termine YHWH, al termine adonai o al termine elohim. Quando, quindi, il nazareno si rifà a YHWH, Matteo e Marco utilizzano cielo, cieli o padre. Quando si rifà a elohim, si trova dio e quando si parla di adonai, si legge signore (es.: Matteo 11:25 In quel momento Gesù disse:'Ti ringrazio, Padre, Signore del cielo e della terra, [...]). Questa specificazione è significativa per comprendere come mai non sempre si trova cieli o cielo, ma anche la parola dio, in Matteo e Marco, mentre in Luca le parole cielo e cieli vengano usate molto meno (come già specificato, scrivendo ai "pagani" il nome di YHWH non è significativo per loro, per cui, tranne in rari casi, ha deciso di utilizzare, anche per YHWH, il termine dio). Inoltre è propedeutica per tutto il discorso che andremo a fare nei prossimi ragionamenti di questa indagine.
Tornando alla beatitudine numero uno, l'esposizione in questo articolo delle due differenti versioni a nostra disposizione, serve solo a far notare come Matteo usi “regno dei cieli”, mentre Luca utilizzi “regno di dio”. Come si è detto sopra, la differenza non risiede nel significato, ma negli interlocutori cui si rivolgono i due. Questo è il motivo del perché si è scelto di addentrarsi nel racconto lucano, esso, rivolgendosi a una popolazione non israelita, può esprimere una narrazione maggiormente più aderente agli eventi di Gesù, senza il timore di urtare la sensibilità del lettore e dell'uditore, cosa che Matteo non può fare, mantenendo un sostrato giudaico nel racconto del nostro protagonista. Ecco spiegato anche il motivo sottostante al fatto che lo sbeffeggiamento del “figlio del falegname”, rivolto alla comunità nazarena nella sinagoga (popolo e gota israelita), sia raccontato solo da Luca e non da Matteo (e non se ne trova traccia neanche in Marco poiché, pure lui, scriveva per comunità di origini giudaiche). Inoltre ciò mostra come mai Matteo è molto duro solo con farisei e sadducei, senza mai toccare direttamente il popolo israelita, tranquillamente condannato da Luca. Questo è un altro punto di distanza tra i due agiografi: Matteo se la prende ripetutamente sia con i farisei, che con i sadducei; mentre Luca sembra totalmente ignorare la questione sadducei (c'è solo un passaggio, in tutto il suo vangelo, che menziona questa parte del giudaismo). Anche qui non è questione di messaggio, ma solo stilistica. Infatti a Luca rivolgendosi a popoli "stranieri", poco addentro alla questione giudaica, interessa porre l'accento sulla condanna della ricchezza materiale accumulata dalla gota conosciuta (farisei), grazie all'interpretazione della legge a proprio favore. Mentre a Matteo, rivolgendo a giudei ben conoscenti del loro sistema e, comunque, figli del sistema, interessa condannare l'arroganza conoscitiva che tiene il popolo soggiogato, l'atteggiamento di saccenti che attraverso un'interpretazione a proprio favore della legge, crea barriere invece di appianare le diversità sociali. In altri termini, entrambi condannano l'establishment, solo che essendo diversa la platea destinataria del messaggio, uno massacra principalmente la differenza materiale (Luca), l'altro massacra principalmente il narcisismo politico-religioso (Matteo); quindi il fine è il medesimo: eliminare la classe dirigente dell'epoca per instaurare un nuovo corso. Questo dovrebbe far riflettere che quanto scritto nei tre vangeli, denominati sinottici, in realtà è una storia rimaneggiata in base alla necessità di convincere una comunità proveniente da una credenza, piuttosto che una comunità proveniente da un’altra credenza, ad abbracciare il tipo di rivoluzione proposta dal maestro. Oggi nelle tecniche di persuasione si direbbe che si sta “utilizzando la mappa rappresentativa dell’interlocutore”. Già 2000 anni fa, gli agiografi, sapevano come adottare efficacemente la comunicazione persuasiva.
Per il nostro scopo di comprensione degli eventi e del significato del discorso sui beati, Luca è l’agiografo che può fornirci più fatti liberi da filtri religiosi giudaici, quindi permetterci un’indagine delle beatitudini meno deformata. 
Tornando ora al nostro racconto di Luca, per poi proseguire verso Matteo, ripercorriamo quanto abbiamo analizzato nei due precedenti articoli:

  • Gesù fa la predicazione “bomba” all'interno di una delle sinagoghe più importanti del suo tempo, probabilmente per cercare di avere un feedback positivo. 
  • La comunità nazarena respinge Gesù e, per questo, è sbeffeggiata dallo stesso, arrivando a volerlo uccidere. 
  • Gesù si sposta in terra di confine, dove il controllo centrale è più blando, quindi la cultura è meno condizionata dalla legge, perciò è più libero di predicare e far attecchire il suo messaggio. 
  • Gesù nomina dei reclutatori per avere una mano a recuperare seguaci. 
  • Il seguito di Gesù è talmente importante che da Gerusalemme arrivano degli ispettori per capire il fenomeno in atto in quella zona di confine. 
  • Attriti demagogici tra Gesù e gli ispettori della sede centrale. 
  • Gesù nomina dodici discepoli (generali?). 
  • Gesù compie la sua predicazione sui beati. 
A questo punto, dopo quanto si è analizzato, che cosa pensate voleva significare questa bellissima predicazione di ciò che rende beati? Ora che molte delle infrastrutture interpretative sono state tolte, e si è analizzato i singoli eventi senza decontestualizzarli, se foste voi lì, con davanti una folla di bisognosi, cosa vi verrebbe in mente di fare? Che cosa facevano i grandi leader del passato (e di adesso) per fidelizzare la massa? 
Ciò che abbiamo fin qui chiamato discorso delle beatitudini, deve essere letto come discorso della montagna per Matteo e della pianura per Luca (poi vedremo perché anche qui ci sono queste differenze di luogo). Il discorso della pianura inizia al capitolo 6 versetto 20 e termine al capitolo 6 versetto 49 del vangelo di Luca. Un sermone bello e buono, non trovate? Se consideriamo che l’agiografo abbia trattato il problema del sabato (analizzato nel precedente articolo), della scelta dei dodici e del radunarsi di una moltitudine di gente attorno al rabbino, in soli diciannove versetti (6:1-19), questi ventinove versetti, dedicati alle parole del nazareno, sono davvero tanti! Le beatitudini, quindi, non possono essere prescisse dal comprendere tutto quanto detto dal nostro protagonista in queste righe. Pur avendo già inserito i versetti di Luca nel primo articolo di questa serie, si è comunque deciso di riportarli qui per facilitazione: 


Luca 6:20-26 versetti in greco tratti dalla Nestle-Aland 28° edizione: 
20 Καὶ αὐτὸς ἐπάρας τοὺς ὀφθαλμοὺς αὐτοῦ εἰς τοὺς μαθητὰς αὐτοῦ ἔλεγεν· Μακάριοι οἱ πτωχοί, ὅτι ὑμετέρα ἐστὶν ἡ βασιλεία τοῦ θεοῦ. 
21 μακάριοι οἱ πεινῶντες νῦν, ὅτι χορτασθήσεσθε. μακάριοι οἱ κλαίοντες νῦν, ὅτι γελάσετε. 
22 μακάριοί ἐστε ὅταν μισήσωσιν ὑμᾶς οἱ ἄνθρωποι καὶ ὅταν ἀφορίσωσιν ὑμᾶς καὶ ὀνειδίσωσιν καὶ ἐκβάλωσιν τὸ ὄνομα ὑμῶν ὡς πονηρὸν ἕνεκα τοῦ υἱοῦ τοῦ ἀνθρώπου· 
23 χάρητε ἐν ἐκείνῃ τῇ ἡμέρᾳ καὶ σκιρτήσατε, ἰδοὺ γὰρ ὁ μισθὸς ὑμῶν πολὺς ἐν τῷ οὐρανῷ· κατὰ τὰ αὐτὰ γὰρ ἐποίουν τοῖς προφήταις οἱ πατέρες αὐτῶν. 
24 Πλὴν οὐαὶ ὑμῖν τοῖς πλουσίοις, ὅτι ἀπέχετε τὴν παράκλησιν ὑμῶν. 
25 οὐαὶ ὑμῖν, οἱ ἐμπεπλησμένοι νῦν, ὅτι πεινάσετε. οὐαί, οἱ γελῶντες νῦν, ὅτι πενθήσετε καὶ κλαύσετε. 
26 οὐαὶ ὅταν ὑμᾶς καλῶς εἴπωσιν πάντες οἱ ἄνθρωποι· κατὰ τὰ αὐτὰ γὰρ ἐποίουν τοῖς ψευδοπροφήταις οἱ πατέρες αὐτῶν. 


Luca 6:20-26 versetti in italiano tratti dalla TILC: 
20 Allora Gesù alzò gli occhi verso i suoi discepoli e disse: 'Beati voi, poveri: Dio vi dona il suo regno. 
21 Beati voi che ora avete fame: Dio vi sazierà. Beati voi che ora piangete: Dio vi darà gioia. 
22 'Beati voi quando gli altri vi odieranno, quando parleranno male di voi e vi disprezzeranno come gente malvagia perché avete creduto nel Figlio dell'uomo. 23 Quando vi accadranno queste cose siate lieti e gioite, perché Dio vi ha preparato in cielo una grande ricompensa: infatti i padri di questa gente hanno trattato allo stesso modo gli antichi profeti. 
24 Ma, guai a voi, ricchi, perché avete già la vostra consolazione. 
25 Guai a voi che ora siete sazi, perché un giorno avrete fame. Guai a voi che ora ridete, perché sarete tristi e piangerete. 
26 'Guai a voi quando tutti parleranno bene di voi: infatti i padri di questa gente hanno trattato allo stesso modo i falsi profeti. 


Capiamo questi versetti, e poi il resto del discorso della pianura, partendo da un’analisi immediatamente deducibile da tutti: Luca usa quattro beatitudini e quattro ammonizioni. Lo schema è il seguente: 
  • Beatitudine con riscontro al presente. 
    • Beatitudine con riscontro al futuro. 
    • Beatitudine con riscontro al futuro. 
  • Beatitudine con riscontro al presente. 
  • Ammonizione con riscontro al presente. 
    • Ammonizione con riscontro al futuro. 
    • Ammonizione con riscontro al futuro. 
  • Ammonizione con riscontro al presente. 
La prima beatitudine e l’ultima, entrambe al presente, includono le altre due al futuro. La prima ammonizione e l’ultima, anche queste al presente, includono le altre due al futuro. Poi l’agiografo segue il seguente parallelismo:
  • La prima beatitudine viene messa in relazione alla prima ammonizione.
  • La seconda beatitudine alla seconda ammonizione.
  • E cosi via dicendo. 
Ciò è funzionale a far capire che i due blocchi non possono essere presi distintamente, uno richiama l’altro, in una sorta di tesi e antitesi al fine di fornire una sintesi comprensiva ai discepoli presenti. A questo punto specifichiamo qui che la traduzione della prima parte della prima beatitudine è abbastanza buona, anche perché è difficile mistificare le parole utilizzate dall'evangelista nel versetto. Gesù, quindi, dichiara esplicitamente beati i poveri che ha difronte! Si! E a ragion veduta, basta prestare attenzione alla cornice pubblica in cui l’evangelista pone il sermone del maestro: 


Luca 6:17-19 versetti in italiano tratti dalla TILC: 
17 Gesù, disceso dal monte, si fermò in un luogo di pianura con i suoi discepoli. Ne aveva attorno molti, e per di più c'era una gran folla di gente venuta da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dalla zona costiera di Tiro e Sidone: 18 erano venuti per ascoltarlo e per farsi guarire dalle loro malattie. Anche quelli che erano tormentati da spiriti maligni venivano guariti. 19 Tutti cercavano di toccarlo, perché da lui usciva una forza che guariva ogni genere di mali. 


Leggete bene! Ci sono sia persone diseredate, che persone dell’élite centrale e cosa fa il rabbino nazareno?
  • Μακάριοι οἱ πτωχοί, ὅτι ὑμετέρα ἐστὶν ἡ βασιλεία τοῦ θεοῦ 
  • Beati i poveri voi, perché vostro è il potere del dio 
Il termine greco βασιλεία (basileia) significa, lasciamolo dire al nostro solito vocabolario di greco bibblico: 


Thayer's Greek Lexicon 
STRONGS NT 932: βασιλεία, βασιλείας, ἡ (from βασιλεύω; to be distinguished from βασιλεία a queen; cf. ἱερεία priesthood from ἱερεύω, and ἱερεία a priestess from ἱερεύς) (from Herodotus down); 
1. royal power, kingship, dominion, rule
2. a kingdom
3. the kingdom over which God rules, , the kingdom of the Messiah, the kingdom of heaven.


Potere reale, regalità, dominio! La traduzione “regno” è solo secondaria e tendenziosa, tant’è che negli scritti rabbinici שָׁמַיִם מַלְכוּת (tradotto: regno dei cieli; perciò ricordiamo che Matteo e Marco usano questa lucozione, mentre Luca usa regno di dio) è la regola di Dio, la teocrazia considerata universalmente, non il regno messianico e siccome Gesù (lo abbiamo visto negli articoli precedenti) è un rabbino, diviene difficile pensare che intenda βασιλεία (basilea) in modo differente dalla teocrazia, cioè un nuovo ordine sociale. Pertanto qui il “figlio del falegname” sta dicendo che i poveri possiedono il potere reale, la teocrazia, la capacità di dare forma ad un nuovo ordine sociale e, infatti, l’ammonizione riguardante i ricchi è così traducibile:
  • Πλὴν οὐαὶ ὑμῖν τοῖς πλουσίοις, ὅτι ἀπέχετε τὴν παράκλησιν ὑμῶν.
  • Tuttavia dolore a voi che siete ricchi, perché siete distanti dalla chiama di aiuto di voi 
Il termine ἀπέχετε (apechete), dal verbo ἀπέχω (apechó), significa trattenersi, allontanarsi, essere lontano, essere distante. Mentre il termine παράκλησιν (paraklēsin) significa: 


Thayer's Greek Lexicon 
STRONGS NT 3874: παράκλησις, παρακλήσεως, ἡ (παρακαλέω, which see); 
1. properly, a calling near, summons (especially for help, Thucydides 4, 61; Demosthenes, p. 275, 20). 
2. imploration, supplication, entreaty 
3. exhortation, admonition, encouragement 
4. consolation, comfort, solace 
5. universally, "persuasive discourse, stirring address — instructive; admonitory, consolatory; powerful hortatory discourse": Romans 12:8; λόγος, παρακλήσεως (A. V. "word of exhortation), Acts 13:15; υἱός παρακλήσεως (a son of exhortation), a man gifted in teaching, admonishing, consoling, Acts 4:36; used of the apostles' instruction or preaching, 1 Thessalonians 2:3. 


E’ anche qui incredibile come il primo significato sia una chiamata vicina, convocazione, con specificità all'aiuto! A questo punto la prima beatitudine e ammonizione hanno tutta un’altra valenza! Nulla di morale, ma molto concreta! Gesù davanti alla folla di nulla tenenti e di signorotti dell’élite, esprime il potere teocratico (quello di governare) dei primi, cioè quello di possedere la capacità di plasmare una nuova comunità, e umilia i secondi, che stanno venendo meno al loro ruolo di supporto. Nulla di diverso da quanto fatto nella sinagoga di Nazareth. Ora si capisce anche perché queste beatitudine e ammonizione, l’agiografo le fa proclamare a Gesù al presente. Il potere di una nuova norma sociale non è un qualcosa che si avrà, è un qualcosa che si ha, ora, lì, in quella situazione di unione delle masse più in difficoltà, così com'è lì, in quel momento, presente il dolore (paura?) provato dai ricchi, diventati consapevoli che la loro mancanza nell'aver donato li ha resi attaccabili. Questa prima beatitudine, e ammonizione, altro non fanno che confermare il famoso passo del tipo ricco a cui il nazareno, dopo essersi fatto confermare se seguiva tutti i comandamenti, ricorda che oltre a obbedire alla legge è necessario vendere tutto e dare il ricavato ai poveri. Ricordate come se ne va il tizio? Inoltre se leggete l'intero vangelo sostituendo regno di dio con teocrazia o nuovo ordine sociale, tutto avrà molto più senso. L'intero racconto assume una valenza molto più congruente e concreta.
Ora analizziamo le altre due enunciazioni al presente, la beatitudine, e ammonizione, numero quattro:
  • μακάριοί ἐστε ὅταν μισήσωσιν ὑμᾶς οἱ ἄνθρωποι καὶ ὅταν ἀφορίσωσιν ὑμᾶς καὶ ὀνειδίσωσιν καὶ ἐκβάλωσιν τὸ ὄνομα ὑμῶν ὡς πονηρὸν ἕνεκα τοῦ υἱοῦ τοῦ ἀνθρώπου·
  • χάρητε ἐν ἐκείνῃ τῇ ἡμέρᾳ καὶ σκιρτήσατε, ἰδοὺ γὰρ ὁ μισθὸς ὑμῶν πολὺς ἐν τῷ οὐρανῷ· κατὰ τὰ αὐτὰ γὰρ ἐποίουν τοῖς προφήταις οἱ πατέρες αὐτῶν.
  • Beati siete quando odieranno voi gli uomini e quando separeranno voi e insulteranno e scacceranno il nome di voi come il male per il bene del figlio dell’essere umano.
  • Rallegratevi in quel giorno e saltate di gioia, ecco già la paga vostra grande nella Gerusalemme Celeste. Secondo queste cose loro già trattavano i profeti dei padri allo stesso modo. 
Una precisazione di traduzione: si è tradotto il termine ἀνθρώπου (anthrōpou) con essere umano, al posto del solito uomo, in quanto il termine greco si riferisce al genere o alla natura, senza distinzione di sesso, dell'essere umano, sia maschio che femmina.
Un’annotazione filologica: si è reso il lemma οὐρανῷ (ouranō) con Gerusalemme Celeste, poiché sin dai tempi dei patriarchi si menzionava la Sion come luogo dei cieli in cui vive YHWH Elhoim di Israele. Nel vecchio testamento questo è un luogo fisico e posto in alto, in cielo, e non si tratta di un qualcosa di metafisico. Siccome sarebbe un errore prescindere la cultura del rabbino dalla sua predicazione, il termine traslitterato ouranō, che significa paradiso, si è tradotto con la valenza ebraica: Gerusalemme celeste o Sion! Tra le altre cose è il luogo in cui sembrano essere finiti: Elia, Geremia, Isaia, Samuele & CO e, forse, anche Mosé. Insomma, Gesù sta affermando che in caso di sofferenza per il bene della causa, chi affronterà ciò può essere certo di avere una ricompensa in un posto significativamente importante per tutta la cultura israelitica dell’epoca.
L’ammonizione non dista molto da ciò:
  • οὐαὶ ὅταν ὑμᾶς καλῶς εἴπωσιν πάντες οἱ ἄνθρωποι· κατὰ τὰ αὐτὰ γὰρ ἐποίουν τοῖς ψευδοπροφήταις οἱ πατέρες αὐτῶν.
  • Dolore a voi quando bene di voi dicono tutti gli uomini. Secondo queste cose loro già trattavano i falsi profeti dei padri allo stesso modo. 
Quindi è chiaro che accondiscendere l’establishment porta a essere falsi!
Andate oltre agli schemi che da millenni vi hanno posto davanti agli occhi. Gesù sta dicendo che l’unione fa la forza e che chi, unendosi alla missione, sarà perseguitato, deriso, escluso, eccetera, riceve subito la ricompensa nel luogo speciale di YHWH. Ovviamente dall'altra parte ricorda che chi invece sta con i ricchi e li accondiscende, ha già ricevuto una ricompensa falsa come la ricevettero i profeti falsi del passato. In mezzo a tutto questo?:
  • Beati voi che ora avete fame: Dio vi sazierà.
  • Beati voi che ora piangete: Dio vi darà gioia.
  • Guai a voi che ora siete sazi, perché un giorno avrete fame.
  • Guai a voi che ora ridete, perché sarete tristi e piangerete.
Promesse e ammonizioni reali, coniugate al futuro poiché queste non possono essere date subito, ma sicuramente una volta ottenuto gli obiettivi previsti. Va fatto notare che nel testo greco non compare la parola dio nella seconda parte delle due beatitudini sopra indicate, per cui la fine di queste è: perché sarete saziati e perché riderete. Infatti basta proseguire la lettura del vangelo di Luca, per notare che il nazareno recupera per due volte il cibo per sfamare la folla, offre conforto, ecc. Insomma cerca di mostrare che rispettando la prima e l'ultima beatitudine annunciata qui, le promesse contenute vengono mantenute. Riflette un istante, sospendendo il giudizio. Ci troviamo in una distesa piena di gente diversa che è lì con gli occhi puntati, per un motivo o per l’altro, su un tipo che aveva creato una sorta di rivoluzione nel periodo antecedente. In quel contesto ci poteva essere: gente che stava piangendo per le disgrazie, gente che stava ridendo di ciò che veniva detto, gente che aveva fame, gente palesemente sazia e altro. Il nazareno promette subito qualcosa che può promettere: il potere rivoluzionario e una ricompensa nella Gerusalemme celeste, luogo considerato concreto, importante e desiderabile. In questa proclamazione infila a sandwich, spostate in là nel tempo, la realizzazione delle cose più necessarie, passatemi il termine, meno “spirituali”. Insomma, contestualizziamo il tutto a noi, è come quando qualcuno da un balcone famoso diceva: abbiamo la forza per essere una grande nazione nel mondo, ciò darà benessere e prosperità alle famiglie e ai figli e se la morte per tale grandezza sopraggiunge, la gloria ci attende nei campi elisi! Rileggete i fatti in modo libero dalle predicazioni domenicali e tutto torna! Il nazareno ha tenuto un comizio propagandistico d’incredibile impatto mediatico. 
Liberatevi da un’altra convinzione, che di norma sulle beatitudini si ha, non è un discorso da generalizzare all'umanità. Il rabbino sta parlando concretamente a chi è lì e, soprattutto, è in linea con il rotolo del capitolo 61 di Isaia. Il famoso profeta non annunciava l’anno di grazia per un altro popolo, o per un’altra nazione. Il profeta Isaia lo stava annunciando per le sole dodici tribù di Israele, cioè chi ha firmato il patto con YHWH. Il resto delle nazioni è escluso ed è per questo che nel brano, sotto analisi, è esplicitamente scritto che Gesù alzò gli occhi verso i suoi discepoli e disse a loro! (Luca 6:20a).
Si vuole evidenziare qui questa annotazione, perché chi ha letto i miei precedenti articoli riguardanti le beatitudini, o chi è andato in rete, o ha cercato bibliografia in merito, avrà sicuramente trovato il riferimento al fatto che quelle esposte da Matteo, sono state scritte utilizzando esattamente 72 parole. Siccome il numero 72 è il numero delle presunte nazioni del mondo, secondo i discendenti di Noè, da qui tutti gli esegeti, e teologi, fanno discendere l'intenzione del nazareno a rendere universale il suo discorso. Ciò vale per tutte le volte che nel nuovo testamento compare il valore 72; quando ciò accade, l’esegesi da per scontato che il significato sia quello dell’universalità del messaggio. Il punto è che il numero 72 è riferibile anche ai nomi di dio, così come la tradizione cabalistica li menziona nel vecchio testamento. 72 è il risultato del tetraktys, rappresentazione gematrica del Tetragramma יהוה (YHWH Yahweh). Insomma, nel mondo rabbinico israelita sostenere che le 72 parole, utilizzate per i sette versetti delle beatitudini matteiane, si riferiscano sicuramente alle 72 nazioni del mondo e che, quindi, il messaggio è universale, è un po’ come sostenere che l’ombra, proiettata da un cubo sulla parete, è sicuramente quella di una quadrato bidimensionale. Ciò che vedo come ombra è quella, verissimo, e proprio perché è un’ombra, dovrei ricordarmi che vi è la possibilità della complessità tridimensionale dell’oggetto proiettato. Sarebbe forse meglio dire che più che messaggio universale, è un insegnamento utile a conquistare il mondo, ma qui ci fermiamo. 
Molti di voi ora si staranno strappando le vesti, giusto per fare una citazione neo testamentaria, tuttavia è la situazione descritta da Luca che spiega la valenza propagandistica delle beatitudini. Chi ha letto il mio precedente articolo: “Piena di grazie o rendersi graziosa”, e tiene presente che si sta parlando di un popolo che ha con un Elohim, di nome YHWH, un patto preciso in essere (il quale potrebbe aver mandato un messaggero, uomo importante di El, a Maria e che Gesù potrebbe essere il risultato di questa visita), non farà fatica a capire che tutto ha una connessione precisa: quella di ristabilire una nuova governance decisa da YHWH del popolo, e per fare questo servono sudditi (Luca 17:10 Questo vale anche per voi (i suoi apostoli)! Quando avete fatto tutto quel che vi è stato comandato, dite: 'Siamo soltanto servitori. Abbiamo fatto quel che dovevamo fare!'). Luca sta raccontando qualcosa che ha un capo e una coda, senza avere trasposizioni in là nel tempo o nello spazio metafisico. Il punto è che, così, la teologia bimillenaria è praticamente cestinata. Leggere il passo delle beatitudini come propedeutico all'ottenere consensi in una missione politica-religiosa, è sicuramente un commento dei fatti completamente differente dalla tradizione. Proprio perché si tratta di tradizione, ciò non significa che sia corretta, poiché anche lei potrebbe essere funzionale a plasmare le menti in una precisa direzione. E’ lo stesso Luca, nei versetti successivi all'ultima ammonizione, che avvalla l’analisi, fin qui decritta: 


Luca 6:27 traduzione interlineare dalla Neste-Aland 28° edizione 
Ἀλλὰ ὑμῖν λέγω τοῖς ἀκούουσιν, ἀγαπᾶτε τοὺς ἐχθροὺς ὑμῶν, καλῶς ποιεῖτε τοῖς μισοῦσιν ὑμᾶς, 
Ma a voi io dico ciò udite: amate l’ostile vostro, bene fate a chi odia voi, 


E’ una sottigliezza: Gesù dopo aver sbeffeggiato chi accondiscende i ricchi, si rivolge nuovamente alla platea composta per la prevalenza da “poveri” e detta le regole di convivenza. A questo punto se si evita di infilarci subito la morale universale e eterna, viene immediato comprendere che il discorso è funzionale al campo di reclutamento in cui ci si trova e non così diverso da ciò che fece YHWH con il popolo israelita sotto al monte Sinai. Leggete  il libro dell'esodo, capitoli 20, 21, 22 e 23, così da rendervi conto come il nazareno ha ripercorso in modo pedissequo le norme comportamentali fornite dal signore di Israele, certo in alcuni casi andando oltre la legge del taglione, ma in questo modo eliminando il problema del senso di colpa, presente nel testo mosaico, che aveva portato i ricchi a dominare sugli ultimi. Perciò viene immediatamente chiaro che l’amare indicato, la condivisione, l'evitare di arrabbiarsi e, soprattutto l'ascoltare le parole del rabbino nazareno, altro non sono che precetti di comportamento all'interno di una comunità composta di teste diseredate differenti. Nessuno mette in discussione che possano essere regole giuste e sagge, attenzione. Solo che furono pronunciate non come norme da assumere per il globo, ma come linea guida comportamentale per la corretta organizzazione dei seguaci. Si potrebbe obiettare che se le cose stanno così, perché trascrivere queste storie per far si di divulgarle post-mortem del nostro protagonista. La risposta è semplice: parusia, cioè il ritorno di Gesù. Al tempo della redazione di queste storie (circa 50 - 100 d. C.), i seguaci del nazareno credevano fermamente nel suo imminente ritorno dalla Gerusalemme celeste e, quindi, pensarono bene di raccontare il più possibile il suo messaggio al fine di continuare la sua rivoluzione (anche se oggi sappiamo che ciò non si è ancora verificato). Ne è prova che questo è l’unico sermone in questi termini del rabbino, altri discorsi come questo non ne verranno più raccontati, perché date le norme tutti si devono adeguare, o sono fuori: Luca 6:46-47(b) 46' Perché mi chiamate: 'Signore, Signore' e non fate quel che vi dico? 47 Se uno mi segue, ascolta le mie parole e le mette in pratica. Bisogna ammettere che, in questo, la gota cristiana dal 100 d. C., in avanti, è stata brava a universalizzare la figura di Gesù e, quindi, nel rendere queste regole quelle valide per gran parte del pianeta (che forse era proprio lo scopo del nazareno), mistificandole.  
Pertanto è, ora, chiaro che Luca ci ha condotto al discorso della pianura fornendoci tutti i punti propedeutici a interpretarlo. Ora dobbiamo comprendere se questo passo lucano può essere relazionato al passo mattiano e, soprattutto, se le otto, più una, beatitudine di Matteo trovano riscontro all'interno di questa nostra analisi. Purtroppo si sperava di non dover ricorrere a un nuovo articolo, ma considerando la lunghezza fin qui raggiunta da questo, diventa d’uopo sviluppare il quarto capito. Chiedo venia per ciò. Finiamo, tuttavia, questo “tema” aprendo al contesto in cui è stato redatto il vangelo di Matteo, così da partire la prossima volta con la cornice di riferimento chiara. Come si diceva all'inizio di quest’arringa, Matteo scrive per delle comunità giudaiche, quindi sicuramente molto scettiche nei confronti del nazareno. Per far digerire a queste persone il messaggio di Gesù, Matteo utilizza uno stratagemma efficace. Chi ha letto i miei vecchi articoli, questa parte la conosce. Per i nuovi lettori, la tecnica adottata dall'agiografo mattiano è quella di paragonare Gesù a Mosè. Per fare ciò, l'evangelista ha percorso la seguente strada:
  • Il racconto della nascita vede arrivare i Magi (assenti in Luca, l’altro evangelista che racconta della nascita);
  • Parla della strage degli innocenti da cui è salvato (così come Mosè dalla strage dei primogeniti d’Egitto voluta dal Faraone e assente in Luca);
  • Racconta della fuga di Gesù in Egitto e del ritorno da quella terra (come Mosè che arriva da quella terra e assente in Luca);
  • Proclama le beatitudini sul monte (così come Mosè andò sul Sinai per i dieci comandamenti, mentre Luca le pone in pianura);
  • Esclude tutto ciò che potrebbe irritare la sensibilità ebraica (vedi sbeffeggiamento della sinagoga di Nazareth, spostando i contrasti solo dopo aver fornito le sue norme, mentre Luca se ne frega);
Questo giusto per dare dei riferimenti conosciuti un po’ da tutti. Nei miei precedenti articoli, si tratta anche della divisione del vangelo di Matteo in cinque parti come la Torah (i primi 5 libri del vecchio testamento e considerati fondanti della legge ebraica). Insomma, siamo difronte ad un tentativo dell'agiografo mattiano di presentare un Gesù profondamente connesso con la tradizione di Israele e in questo senso vanno lette le sue beatitudini.

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